Alessandro Moreschini

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Ho conosciuto l’arte di Alessandro Moreschini nel 1997, quando assieme a colleghi ho proceduto a selezionare i giovani emergenti in quegli anni per realizzare Officina Italia, una collettiva tenutasi alla GAM di Bologna (prima del suo trasferimento in centro) e in altre sedi romagnole.

Fin da quel momento egli dimostrava una schietta predisposizione per effetti decorativi che poi non l’ha più abbandonato e che costituisce ancora il suo tratto stilistico più rilevante. In quei momenti il suo lavoro appariva alquanto isolato, visto che si era in una fase di accentuata smaterializzazione dell’arte, nel segno del cosiddetto post-concettuale, ma nel mio saggio in catalogo io non mancavo di notare che forse proprio con lui si registrava la presenza di un filone allora minoritario ma forse destinato a ingrandirsi. Il che si è verificato quando ho curato le successive Officine, dedicate a paesi stranieri, e più ancora quando di recente (2011) sono ritornato alla formula di un’Officina nostrana, ovviamente invitando giovani appartenenti all’ultima generazione.

Sull’intero quadrante internazionale la decorazione, l’ornamento hanno ripreso vigore e presenza, entrando in una sorta di paniere dei consumi divenuti ormai imprescindibili, soprattutto per il presentarsi in forze di culture extra-occidentali che hanno l’ornamento nel loro patrimonio genetico. E dunque, il percorso di Moreschini si svolge ormai in larga compagnia, si pone quasi come una testa di serie, offre soluzioni di piena attualità, il che trova conferma in una sua comparizione recente nella mostra “Bologna dopo Morandi 1945-2015”.

Renato Barilli,
Professore emerito dell’Università di Bologna